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A proposito di Borgo

BORGO A MOZZANO DALLE ORIGINI AI TEMPI NOSTRI

La valle del Serchio, parallela al mare, protetta ad ovest dall’aspra catena delle Alpi Apuane ed ad est dall’Appennino, ha sempre goduto di un clima temperato che ne ha favorito l’insediamento umano fin dall’Età neolitica. Lo provano numerosi siti archeologici che, in date relativamente recenti, sono stati rinvenuti nel territorio di Borgo a Mozzano. Alla Rocca (1965) è stata trovata una piattaforma in terra battuta con tracce di carbone e resti di ceramiche, a Piano della Rocca (1974), durante scavi per il costruendo metanodotto a circa 40 cm di profondità, fu individuata una tomba ligure con corredo funebre e infine, sempre nel 1974, nella grotta della Paura di Gioviano, furono rinvenuti frammenti fittili etruschi e liguri databili intorno al VII e III secolo a. C.. Tutto ciò sta a dimostrare che la nostra terra fu zona di contatto e di scambio tra il fiero popolo Ligure Apuano e gli Etruschi.
Alla fine del II sec a.C. arrivarono gli eserciti di Roma che trovarono nei Liguri Apuani dei fieri e indomabili oppositori. Per averne definitivamente ragione i Romani, in due successive operazioni, ne deportarono 47mila nella regione del Sannio. Si vennero così a liberare vasti territori che furono occupati dai veterani romani. A difesa dei nuovi insediamenti furono costruiti dei presidi militari collegati tra di loro da un’efficace rete stradale tra cui la via Clodia, importante via di comunicazione sulla destra del Serchio. Fino a tutto il medio Evo questa strada rappresentò, insieme al fiume Serchio, allora in buona parte navigabile, la principale via d’accesso alla Valle.
Lucca durante il periodo della dominazione romana acquisì grande importanza fino a divenire Municipium nell’80 a.C.. Il territorio circostante non poteva non risentirne, infatti sono numerose le tracce lasciate dalla colonizzazione romana; tra queste le denominazioni di luoghi, e alcuni reperti, come il sarcofago di Diecimo e la scultura sepolcrale dell’età imperiale rinvenuto, alla fine dell’800, nell’orto della parrocchia di Anchiano.
Nella storia del nostro territorio ha grande importanza l’avvento del Cristianesimo. La tradizione vuole che Lucca sia stata la prima città toscana ad essere evangelizzata. Tutto questo è avvalorato da un documento del 343 d.C. che ci rivela che un vescovo di Lucca partecipò al Concilio di Sardica in Bulgaria. Inoltre scavi archeologici hanno messo in luce resti di una basilica databile intorno al IV e V secolo. Questa precoce evangelizzazione avrà delle importanti ripercussioni sulla storia della nostra zona.
Nel 568 avvenne l’invasione longobarda. Questo popolo, che a Lucca aveva insediato un ducato, cercò in un primo tempo di mantenere la propria fisionomia nazionale, evitando contatti con gli indigeni depositari della superiore cultura romana, più tardi però le nuove generazioni, riconobbero la necessità di integrarsi. In questa operazione ebbero un ruolo determinante gli ecclesiastici, grandi proprietari terrieri, che da allora divennero gli arbitri della storia della nostra valle.
E’ intorno al VIII sec che cominciamo a trovare le prime pergamene che parlano dei paesi del nostro territorio. Da questi documenti apprendiamo che in quel tempo qui esistevano due pievi, quella di S.Maria Assunta in Diecimo e la pieve di Mozzano intitolata anche questa a S.Maria e ubicata a Cerreto all’ombra della Rocca di Mozzano.
Sconfitti i Longobardi, Carlo Magno e i seguenti re, franchi, italiani, svevi e sassoni, cercarono di affermare il primato del nuovo Impero Romano Germanico, venendo inevitabilmente in conflitto con gli interessi della Chiesa Romana e dei signorotti di legge longobarda che fondavano la loro autorità sul beneplacito dei Vescovi della città. Questi avevano concesso a livello i loro beni a gruppi familiari: i Rolandinghi, i Gherardinghi, i Soffredinghi, i Porcaresi ecc.. Nel territorio di Borgo a Mozzano nel 925 troviamo i Suffredinghi, signori della Cune, di Chifenti, di Anchiano e di molte altre terre in Garfagnana e, dal 1180, anche della formidabile Rocca di Mozzano, posta alla confluenza del fiume Lima nel Serchio e sentinella dell’antica via Clodia. Sino al decimo secolo Borgo a Mozzano fu un piccolo agglomerato di case ai piedi di una collina sulla riva destra del fiume. E’da ritenersi che la sua fortuna e la sua importanza sia concisa con la costruzione del Ponte di Chifenti, l’attuale Ponte della Maddalena detto del Diavolo, che divenne, ben presto, il crocevia di tutte le strade della vallata. La tradizione attribuisce la sua costruzione alla Contessa Matilde; nel primo arco sulla sinistra è stata recentemente trovata una data, 1101 che convaliderebbe questa ipotesi, per il resto le origini di questo meraviglioso monumento restano avvolte nel mistero. La casa dei Suffredinghi, inevitabilmente, fu coinvolta nelle sanguinose vicende di Lucca e Pisa e si vide schierata alternativamente sui due fronti, con la conseguenza che nel 1227 i lucchesi presero e distrussero la Rocca di Mozzano e il Castello di Anchiano. Dopo questa vicenda cominciò la loro lenta decadenza, finché nel 1272 tutti i loro possedimenti passarono a Lucca.
Borgo a Mozzano e territori circostanti, esclusi la Iura di Diecimo e la valle della Celetra, divennero parte della Vicaria di Coreglia che, qualche anno dopo, essendo caduta in disgrazia la Repubblica di Lucca, u retta dalla famiglia degli Antelminelli fino al 1369, anno in cui Lucca riconquistò la libertà e nominò per Coreglia un nuovo Vicario. Questi però scelse per sua residenza Borgo a Mozzano perché più comodo e più centrale, declassando di fatto Coreglia i cui notabili, allora, chiesero al Consiglio Generale di Lucca un commissario solo per loro. La richiesta fu accordata e ciò comportò lo smembramento della Vicaria. Tutto questo accadeva nel 1562 e da quel momento Borgo a Mozzano fu capoluogo di una nuova Vicaria che comprendeva gli attuali comuni di Borgo a Mozzano e Pescaglia e parte dei paesi della vicaria di Coreglia; erano escluse le terre di Diecimo e di Valdottavo direttamente dipendenti, le prime dal Vescovo e le seconde dalla Repubblica di Lucca. (Diecimo verrà a far parte della vicaria nel 1736 e Valdottavo nel 1645).
Circa mezzo secolo più tardi, per arginare la pressione che gli Estensi esercitavano nel territorio di Fabbriche di Valico, fu istituita nel Castello di Pescaglia un’altra Vicaria, ridimensionando così i territori sottoposti alla giurisdizione di Borgo a Mozzano.
Nel 1799 le truppe francesi occupano Lucca. E’ la fine della gloriosa Repubblica e Borgo a Mozzano ne segue il destino.
Dopo un periodo di transizione molto confuso avremo in sequenza, prima diversi Governi Democratici, poi nel 1806 l’instaurazione del Principato Baciocchi a cui seguirono nel 1814 la Restaurazione, nel 1817 i Borboni, nel 1847 il Granducato di Toscana ed infine nel 1860 l’annessione al Regno d’Italia.
Con l’arrivo dei francesi quindi cambia l’antico ordinamento giuridico. Infatti il 26 dicembre 1801 un decreto del Governo Provvisorio di Lucca abolì le antiche Vicarie e al loro posto, divise il territorio lucchese in tre cantoni: quello del Serchio con capitale Lucca, quello del litorale con capitale Viareggio ed infine quello degli Appennini con capitale Borgo a Mozzano. Le Comunità paesane però restavano immutate con tutto il valore di autonomia amministrativa e con i loro governatori eletti autonomamente.
Una nuova riforma fu fatta dal Principe Felice Baciocchi, marito di Elisa Bonaparte Il 27 gennaio 1806: abolì i tre cantoni e divise il territorio lucchese in 15 cantoni con 286 comunità corrispondenti alle circoscrizioni parrocchiali. Ogni Cantone - Borgo a Mozzano era uno di questi - ebbe così a capo un commissario nominato da Lucca. Due anni dopo si ebbe un’altra riforma. Infatti, il 29 ottobre 1808, il principe Felice abolì i cantoni e suddivise il territorio lucchese in prefetture, viceprefetture e municipalità. Alla guida di queste ultime mise un giudice di pace, con l’incarico di redimere le questioni giudiziarie e, come capo politico-amministrativo, istituì il Maire, figura esattamente corrispondente al sindaco di oggi. Le comunità vennero ridotte di numero, Valdottavo per esempio cominciò a rappresentare tutti i paesi della Valle della Celetra. Nel contempo veniva quasi abolita la loro autonomia, al posto del governatore fu istituita la figura del presidente della comunità, non più eletto dai cittadini ma nominato direttamente dal governo di Lucca entro una rosa di tre nominativi segnalati a Lucca dal Maire di Borgo a Mozzano, il quale doveva anche segnalare liste di nominativi, comunità per comunità, formate per tre quarti da possidenti e per un quarto dai non possidenti; da questi elenchi il governo di Lucca nominava d’autorità i consiglieri di ogni singola comunità. Il Maire faceva pervenire ad ogni comunità le sue direttive, che erano poi quelle del governo centrale e i Presidenti le dovevano far applicare soprattutto facendo pagare le tasse secondo gli estimi.
L’organizzazione amministrativa data dai francesi continuò sino a tutto l’anno 1815, ma restò sostanzialmente identica, ancorché diversa nei nomi dati alle cariche, sia per il periodo del Ducato di Lucca (1816-1847). Sia per il periodo in cui il territorio del Borgo appartenne al Granducato di Toscana (1848-1859) e per i primi anni del Regno d’Italia, almeno sino al luglio 1865. Infatti con l’arrivo di Lodovico di Borbone, Borgo a Mozzano ebbe un consiglio comunale di 14 membri nominati dal governo centrale e diretti, prima da un magistrato e poi, dal 1820, da un gonfaloniere della Comunità di Borgo a Mozzano, coadiuvato da un cancelliere, detto più tardi segretario, e da una giunta di sei priori. Questo ordinamento resta intatto durante il periodo di appartenenza al Granducato di Toscana e anche durante il regno d’Italia fino al luglio 1865.
Bisogna infatti aspettare il giorno 13 luglio 1865 perché Borgo a Mozzano abbia il primo Sindaco del Regno d’Italia.
Il Sindaco presiedeva una giunta di sei assessori e un consiglio di 14 membri. Come è noto, a partire dalla data suddetta solo i consiglieri erano elettivi dagli aventi diritto mentre il Sindaco restava di nomina regia. L’elettività anche di quest’ultimo si ebbe soltanto con la riforma della legge comunale e provinciale fatta approvare dal Governo Crispi nel 1889. Nei primi cinquant’anni del Regno, ricalcando le vicende del nuovo stato, Borgo ha vissuto momenti di laceranti contrasti tra laici e cattolici e conosciuto il doloroso fenomeno dell’emigrazione verso paesi lontani. La fine del secolo registrò due fatti importanti per l’intera vallata: l’arrivo della ferrovia e la costruzione del ponte Umberto (ponte pari).Questa ultima opera fu fortemente voluta dalle Amministrazioni del momento per contrastare l’emorragia di territori a nord, sulla destra del fiume Lima, in favore di Bagni di Lucca con la motivazione delle difficoltà di comunicazioni con il capoluogo.
Con la riforma Crispi si va avanti, sino al 1925, allorché anche per Borgo a Mozzano venne il momento, ultimo tra tutti i comuni della provincia di Lucca, di cedere all’invadenza fascista. Il sindaco in carica, democraticamente eletto, fu messo nelle condizioni di doversi dimettere e al suo posto subentrò la figura del Podestà che accentrò su di sé tutte le prerogative amministrative, assistito nelle sue decisioni dal segretario, garante del Governo Centrale.
Nella seconda guerra mondiale (1944) i territori del comune di Borgo a Mozzano furono teatro di imponenti lavori per la costruzione di uno sbarramento difensivo tedesco. Passava di qui la formidabile Linea Gotica, completata in circa dodici mesi da migliaia di lavoratori coatti, in parte segregati nel campo di concentramento della Socciglia. Fortunati eventi nell’andamento della guerra provocarono l’arretramento del fronte più a Nord risparmiando a Borgo a Mozzano lo stesso destino di Monte Cassino.
Nel 1945 la liberazione a cui segui il duro periodo della ricostruzione (tutti i ponti erano stati fatti saltare, tranne il ponte del Diavolo che fu risparmiato sia per la scarsa importanza strategica, e forse, piace pensarlo, per la sensibilità culturale di qualche generale tedesco) e di grande miseria che costrinse tante persone ad ingrossare la seconda grande ondata di emigrazione, questa volta verso il sud America e l’Australia.
La realizzazione dello sbarramento idroelettrico sul Serchio, subito a monte del ponte Umberto, e della centrale idroelettrica di Vinchiana fu accolta come una benedizione, finalmente un lavoro, purtroppo pagato a caro prezzo per il flagello della silicosi che colpì quasi l’ottanta per cento delle maestranze.
Le condizioni democratiche furono ripristinate, Sindaco e consiglieri furono nuovamente eletti liberamente attraverso una legge elettorale proporzionale che garantiva anche alle minoranze di essere rappresentate in consiglio Comunale.
Capoluogo di mandamento, sede di importanti uffici amministrativi, come l’ufficio imposte, l’ufficio del registro, la pretura, le carceri ecc, Borgo a Mozzano ha mantenuto questo ordinamento fino agli anni ’70 anno in cui, per una nuova riforma amministrativa, furono soppressi. Questo fatto ha compromesso in modo, forse irreversibile, il prestigio e l’economia del Comune e il danno è stato solo in parte mitigato dalla assegnazione della sede della Comunità Montana.
Negli anni ‘70 ‘80 assistiamo al boom anche per Borgo a Mozzano. L’economia del territorio che, fin dai tempi dei tempi, era basata sul lavoro dei campi, sullo sfruttamento dei boschi e su una florida attività artigianale e commerciale, negli ultimi 30 anni ha vissuto una vera e propria rivoluzione. Sulle aeree disponibili del fondo valle è stato tutto un fiorire di piccole, medie e grandi imprese che hanno trasformato l’economia del Comune da agricola ad industriale. La grande distribuzione, anche se per il momento non ha investito il nostro Comune, ha comunque penalizzato il piccolo commercio e l’artigianato con perdita di un patrimonio culturale forse non più recuperabile.

 Istituto Storico Lucchese
 Direttore Piergiorgio Pieroni

 

LA VIABILITÀ ANTICA

 

Il territorio del comune di Borgo a Mozzano in relazione al sistema viario storico della Media Valle del Serchio.L’antico sistema viario gravitante sulla valle del Serchio, imperniato sul tracciato della Via Clodia, costituì nel Medioevo un’importante variante a quello che oggi è ritenuto il percorso principale della Via Francigena nella Toscana settentrionale, ossia l’itinerario Luni – Pietrasanta – Camaiore – Valpromaro – Lucca – Altopascio. La Via Clodia Nova o Clodia Secunda era  una strada di origine romana, successivamente potenziata durante il periodo Longobardo, che collegava Lucca con Luni, risalendo il corso del fiume Serchio ed attraversando la Garfagnana. Questa direttrice, lungo il suo tracciato, incontrava altre diramazioni viarie minori, provenienti dai paesi apuani ed appenninici, che permettevano collegamenti alternativi, rispettivamente, con il tratto versiliese della Francigena e con varie zone dell’Emilia.
 La Clodia, percorrendo la riva destra del Serchio, entrava nel territorio dell’attuale comune di Borgo a Mozzano attraversando di Rivangaio per poi dirigersi su Domazzano e Valdottavo (località posta sulla strada romana a otto miglia romane da Lucca). Nella Valle della Celetra , l’antica via di comunicazione si incrociava con alcuni sentieri provenienti dalla Val Freddana per il Valico di San Graziano e Tempagnano, e della Valle della Pedogna per Fondano o Partigliano. Il tracciato della Clodia, oltrepassato Valdottavo, si dirigeva su San Martino in Greppo, sede Ospitaliera e della dogana della Jura Vescovile e toccava poi Diecimo (località posta a dieci miglia romane da Lucca). Diecimo era un importante nodo viario su cui gravitava la strada che, risalendo la Val Pedogna e valicando il passo del Lucese, si congiungeva al percorso principale della Via Francigena nel tratto Camaiore – Lucca. Inoltre, diretti in Alta Versilia, o attraverso le foci di Gello o di Colognora penetravano nella Valle della Turrite Cava per proseguire, poi, verso i passi apuani.
 Dopo Diecimo, la Clodia toccava Borgo a Mozzano e da qui saliva alla Pieve di Cerreto per continuare, in alta quota, verso la Rocca, ridiscendere su Gioviano e dirigersi infine verso Bolognana. In questo suo ultimo tratto nel territorio comunale di Borgo a Mozzano, l’antica strada presentava altre interessanti varianti, specialmente per i viandanti diretti dalla Garfagnana verso Lucca, ma intenzionati ad evitare il passaggio nel territorio della Jura Vescovile di Diecimo e il relativo pagamento della Gabella. Dalla zona di Cerreto, infatti, una mulattiera scendeva al Ponte di Chifenti, oggi del Diavolo, e attraversandolo si portava sulla riva sinistra del Serchio per risalire poi a Corsagna. Su questo paese gravitavano alcuni sentieri provenienti dalla valle della Lima, ma soprattutto una serie di itinerari minori che portavano verso la Piana di Lucca.  Un primo percorso saliva sulle Pizzorne e ridiscendeva, dalla zona di Matraia su Marlia; un secondo portava verso la Brancolerai e, attraverso l’Altopiano del Tubbiano, offriva la possibilità di ricongiungersi al primo, di dirigersi a Ponte a Moriano e quindi sulla Clodia; un terzo puntava su Anchiano per risalire nelal zona di Brancoli.
 La Via Clodia doveva anche collegarsi, con una diramazione passante per Gioviano o Terzone, con il ponte di Calavorno punto di confluenza del sentiero che, risalendo la Val Fegana, portava alla Foce a Giovo ed in Emilia, e della strada proveniente dal barghigiano, sulla quale si raccordavano le mulattiere che scendevano dai vicini valichi dell’Appennino.

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